Chi inventò il Parmigiano Reggiano?

Per onestà intellettuale, dobbiamo scrivere che non esiste una risposta certa e univoca a questa domanda. La storiografia più recente, e più affidabile, sostiene che la paternità del Parmigiano Reggiano è da attribuire ai monaci benedettini e cistercensi delle pianure del Parmense e del Reggiano, primi produttori del formaggio tipo grana – non a caso, perché, soprattutto fra i monaci cistercensi, l’arte casearia è una tradizione viva ancora oggi.

Pare che tutto ebbe inizio intorno al XII secolo. In quell’epoca, i monaci iniziarono la costruzione delle grancie, le aziende agricole dove era facile trovare allevamenti di bovini, utili sia per la produzione del latte che per i lavori più pesanti. Erano mucche dal mantello rosso, oggi note come Rosse Reggiane, razza autoctona del Nord Italia: con il loro latte, oggi, si realizza il Parmigiano Reggiano di Vacca Rossa.

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Fu proprio nelle grancie dei monasteri medievali che nacquero i primi caselli, piccoli edifici a pianta regolare, quadrata o poligonale, riservati alla lavorazione del latte. Da questa arte nasceva il Formadio – così i monaci chiamavano il formaggio a pasta dura e stagionato, di circa 6 kg di peso, fatto solo con il latte di vacca.

Tuttavia, risalire le vie infinite della Storia è affatto semplice. Alcune fonti sostengono che la nascita del formaggio tipo grana, progenitore del Parmigiano Reggiano odierno, risalga a più di due mila anni fa; pare che già gli Etruschi, nei territori del Parmense, del Reggiano e della Bassa Mantovana, usassero produrre formaggi e salumi dal bestiame allevato – fra questi, anche un formaggio di latte vaccino, a pasta dura, stagionato. Insomma, secondo alcuni, i monaci del Medioevo non inventarono nulla, bensì recuperarono una tradizione casearia antica di almeno mille anni o più.

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Di certo, senza i monaci benedettini e i cistercensi, è probabile che oggi non potremmo mangiare il Parmigiano Reggiano. Riannodiamo, quindi, i fili della Storia. Poco dopo l’anno Mille, i monasteri più importanti fra Parma e Reggio Emilia erano quattro, due benedettini (San Giovanni a Parma e San Prospero a Reggio) e due cistercensi (San Martino di Valserena e Fontevivo, entrambi nel Parmense). In particolare, come scritto nel sito del Comune di Campegine, i monaci benedettini di San Giovanni Evangelista di Parma “avevano molti possedimenti lungo la via Emilia, nel tratto compreso tra le località di Villa Cella (Reggio Emilia) e Borgo San Donnino (l’attuale Fidenza)”.

Perché i primi formaggi di tipo grana nacquero proprio qui? Nella pianura emiliana e, in particolare, in quella porzione compresa fra Parma e Reggio, i terreni erano (e sono ancora) ricchi di acque e di terramare – da queste si ricavava un composto organico utile per concimare i campi. Grazie all’abbondante presenza di risorgive, l’erba era buona per gran parte dell’anno, fatto che ha agevolato l’allevamento del bestiame, ovino e bovino. Da questa piccola ma preziosa filiera fu possibile far nascere, e crescere, la produzione del Parmigiano Reggiano.

Non è dato sapere quale fu la grancia in cui nacque il formaggio tipo grana. Di sicuro, più fonti hanno individuato in due territori le culle del nostro amato Parmigiano. La prima sulla riva destra del fiume Enza, nella provincia di Reggio, fra i paesi di Campegine, Calerno e Cadè; la seconda, a sinistra del fiume Taro, fra Fidenza, Fontevivo e Fontanellato.

Questa, in sintesi, è l’origine del Parmigiano Reggiano, un prodotto unico, che racchiude in sé almeno mille anni di storia.

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