Parmigiano Reggiano e glutammato monosodico: facciamo chiarezza

Su Internet complotti e falsi miti si diffondono con facilità. Fra i filoni più fortunati c’è pure quello del glutammato monosodico. Ne hai mai sentito parlare?
Forse avrai già letto di tutto un po’, anche che il glutammato è un additivo industriale sospetto, che fa male alla salute, che favorisce allergie e intolleranze alimentari e che è presente pure nel Parmigiano Reggiano – ma il Parmigiano non era un alimento tutto naturale?

In questo articolo facciamo chiarezza su questo tema spinoso, anche con il valido supporto di più fonti autorevoli.
Se vuoi scoprire cosa è vero e cosa è falso a proposito del glutammato monosodico, non ti resta che proseguire la lettura.

Cos’è il glutammato monosodico

Il glutammato monosodico è il sale sodico dell’acido glutammico, un aminoacido non essenziale – lo produce ogni giorno anche il nostro corpo. Questo componente è presente in diversi alimenti, a iniziare dal latte e dai suoi derivati – è anche nel latte materno -, nelle carni bovine, suine e di pollo e pure nelle verdure, soprattutto nei pomodori e nei funghi, ma anche nei piselli, nelle cipolle, nel mais, negli asparagi, nelle verze e negli spinaci.

Il glutammato ha la funzione di neurotrasmettitore; si tratta, più precisamente, del neurotrasmettitore eccitatorio più importante del nostro cervello.

La cattiva fama del glutammato

Questa molecola elementare ha un sapore gradevole e stimola il quinto gusto, noto come “umami”; in altre parole, scatena la sensazione di intensa sapidità.

Nella cucina orientale, il glutammato è un insaporitore comune, a tal punto che, spesso, sostituisce il cloruro di sodio nei piatti. Basta pensare che le popolazioni asiatiche consumano da tre a cinque volte la quantità di glutammato assunta da noi occidentali, peraltro senza particolari problemi di tollerabilità.

Questo ampio uso del glutammato nella cucina orientale ha indotto molti studiosi ad associare l’elemento alla cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, una serie di sintomi e intolleranze accusati da diverse persone dopo pranzi o cene consumati nei ristoranti tipici orientali. Su questo punto, occorre dire che più ricerche hanno smentito l’associazione fra l’uso del glutammato e la cucina dei ristoranti orientali (vedi gli studi citati più sotto).

Sulle nostre tavole, al contrario, il glutammato latita. Il motivo? Colpa di false credenze, che attribuiscono a questo elemento l’ingrato ruolo di “schifezza chimica”. Questa cattiva fama nasce dall’industria alimentare e, in particolare, dalla produzione dei dadi da cucina – da brodo, vegetali e di carne -, fatti proprio con il glutammato.

Cosa dice l’Unione Europea

Ebbene sì, il glutammato monosodico è un additivo alimentare. L’Unione Europea lo ha incluso nell’elenco degli additivi sicuri e ha fissato in 10 grammi per ogni kg di prodotto l’uso massimo consentito (Reg. U.E. N.1129/2011). Sulle etichette degli alimenti disponibili in commercio, il glutammato monosodico è indicato con il codice E621.

Il glutammato fa bene o fa male?

Su Internet le opinioni si sprecano e il dibattito è ricco di spunti e di verità più o meno verificate. Sempre meglio affidarsi alle fonti autorevoli, insomma. Una di queste è l’European Journal of Clinical Nutrition, una pubblicazione medica mensile attiva fin dal 1947; un articolo del 2006, scritto da più medici, biologici e nutrizionisti, europei e americani, dimostra la sicurezza del glutammato, dati alla mano – scarica e leggi l’articolo in formato PDF.

Un’altra fonte attendibile, seppur più datata, è l’indagine condotta dalla Commissione di Esperti FAO e OMS. In questo caso, la valutazione sulla sicurezza del glutammato risale al 1987: anche in questo caso, non erano emersi pericoli per la salute.

Infine, ti segnaliamo il buon compendio di fonti realizzato dalla biologa nutrizionista Maria Santopinto, pubblicato nel 2015 sul sito dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina.

Gli studi più recenti hanno stabilito che il glutammato è sempre sicuro per il consumatore se la dose assunta è inferiore ai 16 mg per ogni kg di peso corporeo. Questo vuol dire che se pesi 70 kg, la quantità di glutammato che puoi assumere senza alcun rischio è pari a 11 grammi.

Per concludere il discorso sulla presunta cattiva influenza del glutammato sulla nostra salute, è bene dire che questa sostanza contiene circa un terzo della quantità di sodio presente nel comune sale da cucina. Per capirci: in un grammo di sale da cucina trovi 400 mg di sodio, mentre nella stessa quantità di glutammato solo 130 mg.

Se usi il glutammato per insaporire i tuoi piatti, ottieni due vantaggi: riduci l’assunzione di sodio e ottieni più sapore, senza aggiungere calorie.

Il glutammato e il Parmigiano Reggiano

Il Parmigiano Reggiano è uno degli alimenti più ricchi di glutammato monosodico. La quantità media in 100 grammi di Parmigiano è pari a 1,6 grammi circa. È bene precisare che si tratta di glutammato naturale, ossia contenuto in origine nel latte usato per la produzione del formaggio; il glutammato del Parmigiano, quindi, non è un additivo introdotto durante la produzione, come accade, per esempio, nei dadi o in diversi cibi confezionati di origine industriale.

La concentrazione di glutammato nel Parmigiano aumenta man mano che cresce la stagionatura del formaggio. Hai mai assaggiato il Parmigiano Reggiano più invecchiato? Se fai attenzione, sentirai il sapore tipico del dado di carne: questa è proprio la percezione indotta dalla presenza del glutammato monosodico.

Insomma, il Parmigiano Reggiano, se consumato secondo le razioni giornaliere consigliate, è un alimento buono, naturale e sicuro per la tua salute. Tutto il resto è cattiva pubblicità.

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